Eccoci qui, un nuovo anno è arrivato! Forse mai prima d’ora la maggior parte della gente aveva desiderato che l’anno terminasse per passare a quello nuovo, nella speranza che sia totalmente differente. Quante volte ho sentito maledire il 2020, ripetere che è stato un anno bruttissimo, probabilmente il peggiore vissuto finora; quante parole piene di rabbia o rassegnazione, ma in entrambi i casi con un atteggiamento di separazione dall’esterno, puntando il dito contro qualcuno o qualcosa, non importa che si tratti di una persona, dei pianeti, la società o i politici.
Ma siamo davvero sicuri che le due realtà, noi e il fuori, siano separate? O non è forse vero che il fuori è specchio del dentro e viceversa?
Chi lavora con me o mi segue da tempo me l’avrà sicuramente sentito ripetere centinaia o migliaia di volte, ma credo sia davvero importante tenerlo a mente: “Come in alto, così in basso. Come dentro, così fuori”. Quindi quanto la situazione esterna rispecchia e ha rispecchiato il nostro interno?
È facile puntare il dito contro qualcuno o qualcosa, ma se ci guardiamo dentro e ci chiediamo quanto abbiamo contribuito a tutto ciò che abbiamo visto rispecchiato fuori, riusciamo a rispondere con totale onestà? Ci vuole coraggio per ammettere che forse avremmo potuto agire in modo diverso, prenderci delle responsabilità già tanto tempo fa, sia nel nostro microcosmo che nel macrocosmo.
Sì, il 2020 non è certo stato un anno facile, per nessuno, ma davvero ha portato solo cose brutte? Sicuramente è stato un anno di molte prove e sfide, ma davvero non ci ha donato nulla di bello?
Infatti, diverse persone negli ultimi mesi mi hanno riferito di aver paura di dire che hanno tanto da ringraziare per quanto hanno ricevuto quest’anno, nonostante le tante morti che ci hanno accompagnato. Ma perché dobbiamo temere di dire che quest’anno, anche se duro per tutti noi, ha avuto anche i suoi lati positivi? Perché non possiamo sentirci liberi di esprimere la nostra verità solo per paura degli attacchi di rabbia che gli altri ci riverserebbero contro?
Ci lasciamo alle spalle un anno quattro (2+0+2+0=4), il numero della Terra, della materia, della concretezza, che ci ha chiesto di portare struttura nella nostra vita, di portare ordine e chiarezza dove c’era confusione.
Ma potremmo anche considerarlo un numero ventidue, il numero maestro legato a Maria Maddalena e che in numerologia corrisponde all’archetipo del Creatore, colui che utilizza il potere di cui dispone per materializzare i progetti che la sua mente continua ad elaborare, e apporta grandi cambiamenti all’ambiente in cui si trova, in quanto il suo scopo è strutturare progetti che portino beneficio alla collettività.
Infatti, prendendo in considerazione le carte degli Arcani Maggiori dei Tarocchi, il 2020 l’avevamo paragonato alla carta IV, l’Imperatore, che rappresenta un uomo di potere che ha maturato una grande esperienza e dominio di sé, e il suo potere non è spirituale, ma terreno; egli siede su un trono cubico che rappresenta la stabilità.
Quindi il 2020 ci ha chiesto di sviluppare l’autodisciplina (essere discepoli di noi stessi), di prenderci la responsabilità delle nostre azioni, progettandole e portandole avanti in maniera organizzata e metodica; ci ha spinto ad avere fiducia nelle nostre capacità e a credere in noi stessi, ricordandoci che non possiamo evolvere ed avanzare nel nostro cammino se prima non facciamo ordine e rendiamo stabile ciò che non lo è.
Però potremmo anche sommare i due numeri venti ed ottenere il quaranta, numero che si trova spesso nei testi biblici e che ci richiama la quarantena (vi dice nulla?!).
Per esempio, Gesù trascorse quaranta giorni e quaranta notti nel deserto per cercare la guida divina e poter poi iniziare la sua opera di predicazione, così come trascorse quaranta giorni e quaranta notti sul monte Sinai. Il popolo ebraico trascorse quarant’anni nel deserto prima di raggiungere la Terra Promessa; il profeta Elia, per sfuggire all’ira della regina Gezabele, camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al Monte Oreb (Monte Sinai), dove il Signore gli rivolse la parola. Ma potrei continuare, perché il numero quaranta ritorna continuamente.
Quando designa un tempo, il numero quaranta indica una situazione provvisoria, di attesa: da un lato un tempo di castigo e penitenza, ma dall’altro un tempo di misericordia e perdono; è il tempo necessario per entrare in intimità con Dio, comunicare con lui, prendere coscienza di sé e prepararsi ad accogliere i doni di Dio. Rappresenta cambiamenti, trasformazioni, sfide e decisioni, ma anche tempo e pazienza affinché tutto possa sistemarsi e svilupparsi. Quindi ci parla di morte simbolica: indica una prova iniziatica, il trapasso che ci permette una seconda nascita, quella spirituale. È connesso con la purificazione, ovvero con un processo in cui ci si libera di ciò che è superfluo.
La lettera ebraica che rappresenta il numero quaranta è la lettera Mem, che con la sua forma indica il ventre materno e anche una sorgente d’acqua, ricordandoci quindi che i quaranta giorni racchiudono un avvenimento o un’esperienza che sì, si prolunga, ma si apre alla vita.
La Mem è la matrice al cui interno prendono forma i fenomeni del creato. È la vibrazione di una forza centripeta, un ripiegamento verso l’interno, è il flusso dei cambiamenti che attraversano l’esistenza umana: nascita, crescita, morte, nuova vita. La Mem ci spinge a porci le grandi domande esistenziali: chi sono? Qual è lo scopo della mia vita?
Non a caso, nei Tarocchi questa lettera viene associata alla carta della Morte, la carta che ci dice che qualcosa deve morire per poter rinascere, ricordandoci che ciò che muore non ci abbandona ma ha la capacità di trasformarsi e rigenerarsi. In questa carta lo scheletro regge in mano uno stendardo con la rosa bianca, a simboleggiare la purezza e il potere che ha la morte; e la morte è diretta verso il sole, verso la rinascita.
Quindi abbiamo utilizzato il 2020 e tutto ciò che ci ha portato, nel bene e nel male, per ricontattare noi stessi e la nostra divinità interna? Ci siamo concessi di lasciar morire alcuni aspetti di noi per permetterci di rinascere e lasciar emergere quelle parti che hanno bisogno di esprimersi e portare nel mondo i loro doni? Perché non è il nuovo anno che dev’esser diverso, ma siamo noi!
Ora siamo entrati nel 2021, un anno cinque (2+0+2+1=5), numero che rappresenta l’esplorazione, la costante ricerca di nuove mete; è il ponte tra il mondo materiale e quello spirituale. Simboleggia l’amore per la libertà e la sperimentazione.
L’archetipo legato al numero cinque è il Cercatore, colui che è orientato alle novità, che è motivato dal desiderio e dalla curiosità e brama sperimentare e assaporare tutto. Ma deve anche porsi degli obiettivi affinché l’esperienza abbia una finalità; e via via deve comprendere che le varie esperienze lo portano anche a vivere un viaggio parallelo, che lo porta all’interno, alla ricerca di sé e della propria spiritualità.
Il cinque è anche il numero dell’autoespressione (quinta casa astrologica), quindi è il momento di comprendere le lezioni che la vita ci ha portato fino ad ora, sapere cosa vogliamo fare e agire per creare la realtà che desideriamo. Cinque è anche il numero dei livelli nei quali si può esprimere l’anima: Nefesh (anima animale), Ruach (Spirito o anima libera), Neshamah (anima superiore), Chayah (anima cosmica) e Yechidah (anima divina).
La quinta lettera dell’alfabeto ebraico è He, la lettera dell’autoespressione, della volontà di rivelare e rivelarsi. Nella consapevolezza umana rappresenta la forza che spinge a nascere e rinascere, a manifestarsi nell’immanenza del mondo esterno, ad attualizzare le proprie qualità nascoste. Nell’uomo è la consapevolezza del suo essere creatore, ossia essere creatore di sé stesso e dell’universo.
Quindi accingiamoci ad accogliere questo nuovo anno con una nuova energia e nuovi sogni da realizzare, che il numero cinque rappresenta la manifestazione (il messaggio mistico del numero cinque secondo gli insegnamenti di Yeshua è “La manifestazione dei Cinque Elementi attraverso il corpo”).
Ahava, Francesca Zangrandi
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