Un anno fa iniziava questo progetto della rubrica “Lunedì al femminile”, che esce ogni primo lunedì del mese, quindi siamo giunte al tredicesimo appuntamento, numero per eccellenza legato alla ciclicità lunare e femminile.
Oggi vorrei iniziare a parlare della vagina: nei mesi scorsi ho già spiegato che molto spesso si utilizza questo termine per nominare la vulva, ma in realtà la vagina fa parte dei genitali interni, quindi ora vorrei portare ulteriore chiarezza, in modo che sempre più donne abbiano un’immagine reale e veritiera della loro anatomia.
La parola “vagina” deriva dal latino e significa “fodero” o “guaina”, che può ricordarci il suo accogliere il pene durante il rapporto sessuale, ma in realtà la medicina rinascimentale era convinta che la vagina equivalesse a un pene interno. Citando Galeno: “Se rivolti all’esterno quelle femminili e volti e pieghi, per così dire, all’interno le parti maschili, le troverai tutte uguali fra loro”.
Tutto ciò è ben visibile nei disegni dei trattati medici del tempo. Tali illustrazioni concepivano la diversità tra genitali femminili e maschili come una differenza spaziale più che strutturale, e una delle più stupefacenti si trova in “De humani corporis fabrica” di Vesalio (forma italianizzata di Andries van Wesel).
La convinzione dei medici rinascimentali che la vagina fosse un pene collocato all’interno risale a una teoria sostenuta prima da Aristotele e poi da Galeno, secondo la quale si nasceva maschio o femmina in base alla quantità di calore (Fuoco) che possedeva il corpo, e i maschi avevano una maggiore quantità di calore rispetto alle femmine.
In “De usu partium”, Galeno spiega in che modo questa differenza di calore tra i due si ripercuote sui genitali: “La donna è più imperfetta dell’uomo quanto alle parti genitali; infatti queste parti erano state configurate dentro di lei mentre era ancora nell’utero, ma non poterono sporgere ed emergere all’esterno per la debolezza del calore”, ossia afferma che le donne non possiedono il calore necessario per sviluppare il fallo, e a causa della loro natura più fredda e umida (Acqua), il pene rimane all’interno.
Ovviamente queste idee e convinzioni oggi ci possono sembrare alquanto bizzarre, ma dobbiamo tener presente che le teorie di Galeno sulla struttura dei genitali femminili non si basavano su un’esperienza di dissezione: aveva esaminato i corpi dei gladiatori morti, ma la sua esperienza sugli individui di sesso femminile era confinata a maiali, capre e scimmie. Quindi, in mancanza di prove dirette, basava le sue teorie sul lavoro dell’anatomista Erofilo, vissuto ad Alessandria nel III secolo a.C., il quale sì aveva potuto studiare l’anatomia sessuale interna della donna, ma era imbevuto di idee aristoteliche secondo le quali l’uomo era la misura di tutte le cose e la donna era soltanto una versione minore di questo modello perfetto, pertanto vedeva nell’anatomia femminile una variante di quella maschile (per esempio le ovaie le considerava una variante dei testicoli).
Solo dal XIV secolo in poi i corpi femminili furono disponibili per la dissezione anatomica e nel secolo XVI Vesalio basò i suoi disegni dei genitali femminili su almeno nove corpi, ma è chiaro che furono comunque il prodotto delle sue ideologie e non il frutto di un’osservazione accurata.
Quindi, mettendo da parte tutte queste teorie e convinzioni ormai sorpassate, oggi sappiamo che la vagina è un canale muscolare elastico che superiormente si inserisce nel collo dell’utero e inferiormente attraversa il pavimento pelvico e si apre nel vestibolo della vulva, costituendo uno dei due orifizi del triangolo anteriore del perineo femminile. Ha una lunghezza media di circa 7-8 cm e un orientamento leggermente obliquo, che dall’alto si dirige in basso e avanti; è più stretta in basso, verso la vulva, e si allarga in alto, verso il fondo.
In medicina cinese la vagina si chiama Yin Dao “Via dello Yin” o Yin Hu “Piccola Porta dello Yin”, e nei testi taoisti viene chiamata in vari modi, tra cui “porta di giada”, “porta del paradiso”, “porta celeste” e “porta del mistero”. Tutti questi termini richiamano le funzioni della vagina; infatti, è un canale dalle pareti molto elastiche che funge da passaggio durante la fuoriuscita del sangue mestruale, accoglie il pene durante il rapporto sessuale e consente il passaggio del bambino e della placenta durante il parto (rappresenta l’ultimo tratto del canale del parto).
(illustrazione medica di Vicky Earle)
Inferiormente, nella zona della vulva, abbiamo l’orifizio vaginale, ossia l’apertura tramite la quale la vagina comunica con l’esterno. All’estremità opposta, invece, si allarga e troviamo la volta vaginale (o arco vaginale), nella quale la vagina si fissa sul collo dell’utero. In questa sede, la parte inferiore dell’utero, la cervice uterina, protrude nella vagina con una formazione a cupola. Per via del suo orientamento obliquo, la parte posteriore della vagina si inserisce sulla porzione uterina in un punto più alto rispetto a quello in cui si inserisce la parte anteriore (per questo la sua lunghezza media è inferiore se si considera la parete anteriore e maggiore se si considera quella posteriore).
La parete anteriore della vagina è in rapporto con la vescica e il condotto uretrale, quella posteriore con il retto.
La mucosa vaginale presenta pieghe trasversali, disposte in serie e chiamate rughe o pieghe vaginali, più numerose e sviluppate inferiormente. La loro presenza garantisce l’estensibilità per adattarsi alla misura del pene durante il rapporto sessuale e per permettere il passaggio del nascituro durante il parto.
Nella mucosa vaginale non sono presenti ghiandole e la lubrificazione del canale vaginale è affidata al fluido che trasuda dai plessi venosi della parete vaginale. Il fluido vaginale rappresenta un importante difesa dai patogeni e un sostegno per l’attività degli spermatozoi.
Durante l’eccitazione sessuale i muscoli vaginali si contraggono rimettendo in circolazione il sangue, spingendolo rapidamente all’interno dei capillari che circondano le pareti della vagina. L’aumento del flusso sanguigno gonfia le pareti vaginali facendone aumentare il volume (vasocongestione). La vasocongestione vaginale ha due effetti sulle pareti vaginali: si lubrificano e si allungano.
La reazione lubrificante della vagina è molto rapida: il fluido può apparire tra dieci e trenta secondi dopo la prima percezione dell’eccitazione sessuale, ma può scomparire altrettanto rapidamente se questa viene meno. Oggi sappiamo che la produzione di questo fluido lubrificante è il risultato dell’irrorazione sanguigna delle pareti vaginali, ma non avviene solo in coincidenza dell’eccitazione sessuale, e molti tipi di attività che mettono in gioco i muscoli pelvici provocano lo stesso effetto.
Dagli anni Sessanta alcuni esperimenti hanno anche evidenziato che durante l’eccitazione sessuale le pareti vaginali si estendono. Sono ancora pochi gli studi dedicati a questo fenomeno, ma sono sufficienti per mostrare l’estrema flessibilità ed estensibilità della vagina.
Per esempio, un esperimento ha registrato un allungamento della vagina anteriore da 7,5 cm a 15 cm in stato di eccitazione, quindi una crescita del cento per cento. Anche la lunghezza posteriore aumenta, passando da 11 cm a 13-15 cm.
Quindi quante informazioni ci sono state occultate? E quanto ancora dobbiamo conoscere di noi stesse? Quanto c’è ancora da scoprire? La conoscenza è potere, quindi ti invito ad approfondire sempre più e a divulgare quanto scopri se lo ritieni interessante o importante.
Parleremo ancora della vagina, perché c’è davvero tanto da dire su di lei. Intanto mi interessa che anche tu cominci a darle più attenzione, perché in fondo è la porta della vita: attraverso di lei riceviamo la vita e diamo la vita.
Ahava, Francesca Zangrandi